del peccato alla donna in quanto caratteriologicamente concreta ovvero non idealistica, e come direbbe Lacan non vi è nulla di più folle del reale. Ovvero testimonia il valore di una analisi di orientazione teo-psicologica sia il mito junghiano e le sue incidenze ma anche le stesse pagine di Totem e Tabù che pongono ad un dato livello metastorico e meta psicologico , ovvero pulsionale, il Censore morale. Si sono poste le interrelazioni tra idealismo ed etica ,e materialismo e l’etica, ovvero tra il trascendere, il volo, l’infinito, il contemplativo platonico ed il finito-materiale. Si può dire che le visioni materialistiche si caratterizzino strutturalmente ,come agnostiche, riguardo il problema etico, ossia lo ignorano e si rapportano al finito, tranne per il materialismo dialettico che disvela il ruolo della ragione fino all’eventuale e comunque possibile meccanicismo della dialettica dei mezzi di produzione, da cui il determinismo freudiano proviene ed inoltre si caratterizzano come
immanenti la cui evoluzione è il pragmatismo attuale inglese ,che va a determinare la elaborazione scientifica in termini di analisi il cui completo strutturarsi attuativo della ricerca necessita della capacità sintetica, ovvero del trascendere e dell’ulteriore dirigersi verso il puro, e necessita inoltre della organizzazione dei dati raccolti, ovvero di una qualcosa di idealistico, rispetto cui la sintesi della analisi non si pone come vera sintesi, ed organizzazione che dunque ed ovviamente partecipa del processo sintetico e di giudizio, ma in modo limitato come sottolinea Popper. Di qui lo scindersi o meglio la necessità della scissione all’interno di un piano di ricerca delle persone deputate a descrivere gli status che si determinano e dall’altro di coloro che dall’intersecarsi dell’obiettità derivano la obiettità per conseguenza, sia induttiva che deduttiva, e che si scinde dalla visione materialistica ed implica un approccio idealistico in quanto libero seppure necessitante dell’obbligo della chiusura in formule che avviene a livello numerico e matematico, o di premessa e conseguenza, rispetto cui la verifica è impossibile, ovvero la migliore teoria è quella che non si può verificare, come Popper insegna negando con ciò il ruolo della induzione, e ciò parzialmente altrimenti non avrebbe parlato di verificabilità, ed ancora premessa e conseguenza e formule la cui derivazione simbolica è la fisica. Ma la vista di tali limiti è quindi necessariamente l’organo dell’intelletto come Aristotele lo definì, e come non intuì forse Kant, in quanto la sua percezione del tempo ,ossia l’oggettità del tempo, si appalesa nel mutamento di forma pur rimanendo la soggettività del tempo che si traduce in un Io penso, parallelo e da cui deriva la percezione dell’esterno ed ancora in cui si radica la possibilità del trascendere. Ma la percezione del tempo dell’Io penso che individua la percezione soggettiva, in quanto non inconscia e quindi a temporale, è occultata dal determinarsi della sensazione, unitamente al contatto con la materia. Il mutamento della forma si appalesa all’esterno e viene percepito dal soggetto attraverso la luce, ovvero l’intelletto vede la luce, con esclusione di considerazione sulla fisiologia della vista, e motivo proseguendo da cui deriva l’importanza del colore nella percezione della esplicazione e nel determinarsi della diversificazione della materia attraverso il movimento. La vista è l’organo dell’intelletto in quanto si fonda su tali esplicitazioni della forma materiale, ovvero della forma anche come rappresentazione modellata sulla materiale ed altro, e si distingue dall’udito le cui ricostruzioni sensistiche sono più vicine a connotazioni che colgono aspetti soggettivi nella commistione prodotta nel procedimento della diversificazione della idea tra materia e idea in cui la materia equivale a necessità della sensazione per l’intelletto. Anche l’udito poi coglie una successione di suoni, che permette al nostro intuito di cogliere la temporalità, la cui forma è la successione, successione che a sua volta è costruita razionalmente, e modella la ragione attorno l’unità razionale dell’Io penso che rappresenta in tal caso e differentemente da prima la permanenza come prima la materia, relazioni. Il movimento poi determina la genesi del tempo, ossia si colloca nel tempo ,comunque volendolo definire, il movimento è l’esplicazione del tempo, ossia la sua forza che si dispiega: sottolineando come alla sua definizione di forza si riconnettono le concettualizzazioni relative alla sua centralità nella genesi del tempo. La stessa materia che si diversifica attraverso il movimento si colloca nel tempo che è una costruzione anche razionale (se esaminata da tale punto di vista) per distinguere i diversi movimenti, ma tale tempo è essenziale e diviene intuizione pura e presupposto perché è alla base del concetto di evoluzione, ossia se non ci fosse scansione temporale il movimento coinciderebbe con la stasi o la non evoluzione. La materia che attraverso il movimento si diversifica ha bisogno e le è connaturale il tempo.
ETERNO RITORNO , SUO COLLEGAMENTO CON LA REALTA’ MATERIALE, E LE DIFFICOLTA’ DI UNA RICOSTRUZIONE DELLA ATTIVITA’ RAZIONALE PURA.
Deriva, da quanto detto, una estrema difficoltà di elaborare una attività razionale pura,essendo la nostra conoscenza legata imprescindibilmente al dato della materia. Da ciò la definizione di noumeno di Kant non superabile neppure attraverso le tesi sullo spirito o coscienza universale di Hegel ,e forse in toto insolubile, se si ragiona in chiave teologica di libero arbitrio e di tutela di ciò che ad esso inerisce, ed ancora noumeno dato il profondo carattere di intrinsecità che lega la diversificazione delle idee alla
dinamicità con cui si esplica la diversificazione della materia, oppositorum, ed esplicazione di ciò che attiene ad un volitivo che se libero deve esistere e per il solo fatto di esistere deve prescindere
dall’esterno, e tale carattere intrinseco spiega parte della costruzione spaziale interiore ed esteriore. Per quanto quindi la possibilità di una attività razionale pura non possa essere negata data l’esistenza di una attività razionale di cui non si può confutare al riguardo alcunché, la difficoltà deriva appunto dal fatto che la attività razionale come scienza( inteso come conoscenza del dato empirico) deriva e si nutre di sensazioni e le sensazioni hanno bisogno di materia da sentire, o comunque di un oggetto, anche ideativo ed idealistico ed eventualmente materialistico nell’essere della dialettica. Tale ultima affermazione è parzialmente contraria alle tesi sulla spazialità della idea, come enti autonomi, e tesi contraria in quanto considera la equiparazione sensazione-sentimento che sono entrambe forze che determinano il determinarsi della elaborazione razionale nella diversificazione delle idee, per cui si giunge ad una generalizzazione della forza, come forza interiore- volitivo – conservazione e forza esterna. Il loro operare congiunto, delle forze esteriori ,senso ,come contatto o tatto ,e sentimento, come desiderio e sentire che contengono e presuppongono un oggetti, si determina con la commistione dell’idea al dato sentimentale e la scissione di questa necessità di sintesi che consegue e che si esprime nell’unità della idea che si determina a partire da tale fusione di materia e affettività che si struttura in conseguenze e prescindente il contatto, e dunque in quanto prescindente la completa distinzione dei due, ovvero la scissione del senso, che si spera non fallisca residuando la soggettività del tempo kantiana, ed ancora senso-oggettivo di nuovo distinto dal sentimento soggettivo, fermo restando che sviluppando Kant se il tempo è soggettivo il senso non esiste e dunque neppure l’oggetto e la soluzione è di essere parmenidei, e qui risiede la dialettica del senso interno sempre kantiano. Tale aspetto deve essere analizzato nella proiezione io sono io e io sono l’oggetto ,e l’idea, anche tra soggetti ,ossia si parla al riguardo del grado di capacità integrativa della scissione che si pone tra la materia della sensazione che conduce alla idea, e l’affetto, inteso come status piacevole o doloroso, che si determina nel contatto ma anche nella memoria del contatto, ovvero vi è una scissione dell’affettivo quale desiderativo dall’oggettivo nella ideazione che non elimina il problema dell’aderenza dell’essere affetto e dell’e-movere essendo tale scissione ideativa, ovvero razionale, il che apre a molto. Tale assioma ossia quello relativo alla esistenza del noumeno implicito nella scissione, che costantemente la conservazione ribadisce, e qui vi è una delle ragione della associazione di conservazione-coscienza e della sostituzione dell’oggetto reale all’oggetto ideale, e qui dunque vi è la ragione conservativa della sublimazione rispetto cui la differenziazione di plasticità anche neurale si pone quale fattore, ovvero proseguendo nella scissione io ed altro e io e spazio esterno anche ideale tale deduzione non può essere confutata neppure attraverso le tesi di Hegel , Hegel che nel rapporto coscienza ed autocoscienza tende ad oggettivare in parte l’una ai danni dell’altra come si evince nel rapporto schiavo-padrone (sia pure dalla terminologia dello schiavo