Domenico Petrilli

Principi della conoscenza dell'interno e dell'esterno.


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consiste nella spazialità della idea che comunque può essere annullata da altri determinativi. Sembra che l’idea sia volontà di potenza in quanto ha la capacità di espandersi attraverso la sensazione e la associazione derivante, ma autonoma sempre essendo la volontà un concetto inclusivo. La associazione è la elevazione a potenza della idea che si unisce in ottica materialistica alla condizione che determina il prodursi della situazione che definisco sinteticamente rappresentazione della sensazione. Analogicamente poi si proceda per quanto riguarda la materia, ovvero nel senso del contingente e delle relazioni del contingente( non ingeneri confusione il fatto che stiamo parlando delle analogie tra procedimento razionale e sua genesi da un lato e procedimento di diversificazione della materia dall’altro); da tali caratteristiche del movimento si coglie la centralità di tale operazione di diversificazione, in quanto volitiva, e in concatenamento l’essenzialità della distinzione che deriva da tale facoltà dell’annientare, ed anche creare, attraverso cui come afferma Eraclito si determina il movimento da cui alla fine trarrebbe origine la successione che legittima l’ordine temporale, fino allo strutturalismo- destrutturalismo cartesiano. Da un punto di vista geometrico poi il limite rappresenta il confine della collocazione spaziale il cui opposto è il kaos, o indefinizione ,o indeterminatezza la cui legittimità deriva pur sempre da un opera di rimescolamento degli elementi con ciò esaltando sempre tali caratteri comunque il ruolo del principio di movimento. All’interno di tale meccanismo si pone comunque sempre l’uomo inteso come soggetto ,ossia in quanto soggetto che percepisce la diversificazione o il movimento e la materia stessa ,e dalla cui opera del diversificare trae origine la spiegazione e la confutazione di esso anche come oggetto , ossia come materia. Dalla scissione dell’uomo in materia e ragione attraverso cui prende corpo la qualificazione dello stesso quale animal rationale deriva quella auto-definizione che eleva l’uomo rispetto alla qualifica di oggetto. Se tale definizione appartenga anche al genere animale è opinabile. Le tesi di Schopenhauer che conducono poi alla affermazione della volontà quale cosa in sé (a mio dire eccellenti) rappresentano la capacità da parte di quest’autore di cogliere forse un universale ,che si specifica poi a livello di oggettità in sottospecie delle determinanti volitive di cui una risiede dalla separazione conscio- inconscio, ovvero ciò se si considera la volontà come cosa in sé e dunque sostanza, ed ovviamente qualcuno pensa alla sostanza o alle sostanze, ovvero alla materia, ma Cartesio parlava di res cogitans, e Kant di cosa in sé quale sostanza . La presunta preminenza dell’uomo porta con sé alla scissione delineata da Kant tra immanentismo e metafisica, tra intelletto e ragione, ma anche e di nuovo tra materia e forma e soprattutto all’intersecarsi del sostrato materiale a quello della elaborazione materiale, abilmente ricostruito nel trattato delle forme ,ossia il Parmenide platonico, e rimane comunque l’assioma che se lo spazio non fosse riempito di qualcosa verrebbe meno la stessa idea di spazio, ovvero possono porsi degli ulteriori. Se fosse riempito da una sola materia verrebbe di conseguenza meno la possibilità di esistenza materiale, ragionando secondo visione, e di conoscenza materiale che si fonda sul pluralismo e sulla molteplicità. Da ciò quindi la importanza del principio di diversificazione della materia che è alla base della esistenza materiale appunto e su cui in parte poggia il procedere della elaborazione razionale. La materia ci schiude il segreto della sua creazione culminando in quell’associazione materia e idea che portando ad una preminenza dell’idea sulla materia come anche sulla forma e sul tempo con ciò connota la componente razionalistica e soggettivistica, con riferimento alla opposizione razionale-irrazionale. Essi, ovvero ragionando con Kant sarebbero qualità dell’idea in quanto tali partecipanti alla dialettica essere-non essere, e con ciò giungiamo alla teologia, ovvero agli attributi e ai modi di Spinoza. L’intersecarsi della dialettica essere e non essere materiale insita nella diversificazione unita alla diversificazione ideale che configura la dialettica essere o non essere nell’oggettità, o oggettività ,configura e determina la impenetrabilità della sostanza. Fermo restando che non necessariamente devono intepretarsi tali costruzioni come fisiche ma anche come possibilità del fisico come creazione del soggettivo. La impenetrabilità della sostanza deriva anche dalla scissione che l’io pone tra sé ed oggetto. In ciò si comprendono le mie affermazioni sulla importanza della sensazione tattile in un ottica di trascendenza della materia, ma spaziale. Si evince anche che la enucleazione e le specificazioni del mio pensiero è in relazione alla spazialità delle idee che legittimerebbe ipotesi di contingenza spaziale nella associazione, ovvero è aderente ad un certo Platone come anche Socrate. La contingenza spaziale ideativa è mossa dalla coincidenza temporale del collocarsi fortuito della idea in base al movimento pulsionale

       che anche se inconscio ha un effetto duplice operando e determinando sia la coscienza sia il movimento caotico e atemporale in modo soggettivo dell’inconscio. Da ciò anche l’assioma della necessità della distinzione che ha nella legittimità del suo concatenarsi e come base il movimento che presiederebbe a tale diversificazione. E’ tale movimento ad essere a base anche del concetto di evoluzione. Ciò determina la necessità della finitezza delle diversificazione, ed in ciò risiede la legittimità stessa del limite; è la materia ad essere finita ,e quindi permanente nella sua diversificazione ,perché rimane pur sempre materia al di là del mutamento della sua forma ,che è ciò in cui il movimento si palesa ,e attraverso cui si rende visibile, ossia attraverso la sua opera di mutamento di forma: la figurazione estetica. Materia e movimento pongono il concetto di limite, il movimento lo sviluppa nell’inconscio, parlando di nuovo idealisticamente, in quanto è innato, ovvero conservativo da talune angolazioni, e la materia lo sotto definisce dopo l’esercizio della facoltà della vista organo dell’intelletto a dire di Aristotele. Tale mutamento si appalesa a noi attraverso la vista, mentre a livello ideativo attraverso la coscienza della idea, ovvero la sua rappresentazione, che non sempre è autocoscienza. Da ciò la sua importanza come organo dell’intelletto attribuitale da Aristotele nella Metafisica. E’ la vista che determina la costruzione razionale e oggettiva del tempo attraverso il mutamento dell’aspetto figurativo della materia nel tempo con ciò permettendoci però anche di cogliere il carattere della successione che si sedimenta nella possibilità del tempo come dimensione soggettiva, ovvero come successione idealistica, e conseguentemente come intuizione pura , senza di cui cesserebbe il presupposto di un esistenza nella contingenza spaziale, ovvero quella che conosciamo. Il calibrarsi dello scorrere del tempo al movimento esterno della materia lo connota oggettivamente ovvero secondo una oggettività soggettiva, oggettiva nella condivisione o nella illusione se per caso Parmenide avesse ragione, e ciò può porsi anche se direte è astruso. Nel cervello è presente una connotazione oggettiva del tempo ,organicamente parlando, derivante dalla scissione soggetto-sensazione, che rende tale ricostruzione deprimente e dipendente, rispetto quella che si determina a prescindere del fluire dello spazio esterno che delinea il rapporto trascendentale descritto da Kierkegaard nel Concetto dell’angoscia che infinitizza l’uomo, e tale è la trascendenza e il trascendere, ovvero il distacco rispetto cui la contraddizione di Freud è di aver valorizzato la cultura e nello stesso averla negata proprio con tale categoria del distacco psicotico, paranoico o schizofrenico. L’incidenza di ciò sulla strutturazione della volontà in termini di vita sessuale e di peccato si può evincere leggendo direttamente le pagine del Kierkegaard, ovvero con riguardo, ossia in correlazione, da un lato alla architettura mentale della perversione e dall’altro alla empiria erotomane del contatto sensistico, fermo restando che vi è molto altro, e che la perversione si rapporta indirettamente all’oggetto sensistico materiale. Le implicazioni della sessualità, sulla incidenza temporale, pongono per Kierkegaard la possibilità come scelta, ossia il peccato, e la disperazione, ovvero il fatto che si struttura nella pena per la donna di partorire pone la temporalità o meglio il porsi della temporalità si associa a tale punizione emblematica, essendovi una continuità di peccato tra il prima e il dopo la successione di madre e figlio-a ,cosa differente rispetto al prega e lavora che riguarda la punizione maschile, e rispetto cui la posizione femminile appare già teologicamente peggiore, ovvero stiamo analizzando il porsi della temporalità con la caduta dal paradiso, di cui sono intrise parte delle opere di codesto elevato esistenzialista e dannato, nel senso positivo, connotativo e non connotativo. Si possono analizzare le successive pagine svolte da Kierkegaard sul rapportarsi dell’uomo e della donna in quanto egli non pone la differenziazione platonica amante-dio ,e amata, ma analizza la questione in termini simbolici conseguenziali e di combinamento la cui risultante è il culmine dell’amore, interpretato anche come contemplativo, ma siamo sempre sul piano del lavoro e della famiglia. La donna riporta al finito l’uomo,