Domenico Petrilli

Principi della conoscenza dell'interno e dell'esterno.


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e struttura anche come struttura della seconda modalità, rispetto cui ha un ruolo anche il rispettivo perdurare, in quanto evolutivo e strutturativo e percettivo e incidente sulla struttura. Una prima conferma quindi della necessità della distinzione deriva dalla stessa percezione della materia, rappresentando essa il sostrato ,che determina la elaborazione razionale della molteplicità ,che postula comunque un’unità ,da cui essa promana ,confermando ed affermando il carattere della successione e della simultaneità nella diversificazione della materia( dapprima era l’Uno), ovvero la simultaneità dei punti è ciò che è lo spazio e la loro successione, ovvero il loro susseguirsi, modificarsi la differenziazione che poggia sulla simultaneità di più punti oggetto di successione lineare e non solo, aggiungendovi quanto è quantico ed energetico, ed ancora si desume il carattere fisico delle categorie in una concezione dello spazio e del tempo che rimane molto probabilmente soggettiva, anche come intuizione pura, dove il puro sta per primitivo e strutturale al pari delle categorie. Riprendendo il discorso da un lato vi è la pluralità delle sensazioni connesse necessariamente al principio di diversificazione della materia ossia alla pluralità di oggetti e sostanze ,ma tali sensazioni sono anche connesse a una percezione del sentimento, che consente la trascendenza esso stesso, ovvero la trascendenza tra sentimento di sé e sentimento prodotto dall’oggetto, trascendenza comunque fondante la metafisica e dall’altro lato vi è il postulato che la attività razionale possa prescindere dal dato materiale. Il sentimento si costituisce in base alla azione- reazione del soggetto alla azione dell’oggetto inteso come esterno, ma non solo. In alcuni casi la percezione non è né dolorosa né piacevole, ma deriva da una commistione di stati difficilmente individuabile consciamente, data la assenza di frazione temporale nello spazio in cui si determinano gli stati, essendo il tempo strutturale e funzionale e a determinati livelli inesistente, ovvero in tali casi di incomprensibilità della percezione si può ricorrere alla spiegazione data alla soggettività irrazionale del bello. E tutto ciò anche in assonanza alla tesi sulla stasi materialista dal punto di vista anche della

       danza tra sentimento di sé e sentimento dell’oggetto e del nichilismo come percezione legata alla assenza di forma dell’a-temporale per via del concetto relativo di spazio e tempo. Sembra che ci sia un movimento nella percezione esterna che soddisfa la volontà acquisitiva pulsionale inconscia. La elaborazione razionale che determina il passaggio dall’inconscio al conscio sembra sottomessa ad un incognito

       in quanto pone incognite dell’inconscio. La capacità percettiva inconscia prescinde dall’esistenza temporale, e se ciò sembra astruso basti il ricordare che diversi psicoanalisti e scopritori dell’inconscio lo affermano, anche se non viene ciò da me affermato in toto alla luce di quanto si venne a teorizzare. Il tempo è necessario ,come successione, alla associazione, alla quale è sottomessa la funzionalità razionale. Ciò determina problemi di contingenze delle idee che si strutturano in opposizione alla indefinizione, ovvero del caos associativo inconscio, contingenze di idee che da questa angolazione soddisfa e questa volta si sottomette alla forza cieca della pulsione ,o meglio di più pulsioni, che determinano il movimento astratto e dismesso dell’inconscio. La necessarietà e fondamentalità della distinzione è comunque ribadita dalla stessa articolazione del senso interno il cui linguaggio si esplicita attraverso i segni distintivi della diversificazione delle idee, commisti al sentimento che tali idee suscitano, e che compongono la coscienza nel suo binomio voluto da Hegel coscienza-autocoscienza che ribadisce la necessarietà della diade da cui deriva la pluralità delle idee in un gioco definito da Sartre riflesso-riflettente, ed in tal caso tra assenza di tempo- assenza di definizione dell’inconscio e necessità della distinzione siamo con Nietzsche sul piano strutturale dell’inconscio, e con Freud tra esistenza e inesistenza per dirla in termini kantiani. Nella forma vigente di esistenza comunque la diversificazione delle idee sembra indissolubilmente ed apparentemente correlata alla percezione del dato materiale, che è il medium dell’oggetto, ovvero del senso interno . Di qui lo stretto legame e rapporto di dipendenza che unisce inscindibilmente percezione e materia ,da un lato, e la diversificazione delle idee dall’altro, e da cui deriva una remota possibilità che la diversificazione delle idee e quindi la possibilità di ragionare si leghi alla percezione stessa della materia da cui indubbiamente derivano esaltazioni materialistiche e naturalmente il meccanicismo. Ma con ciò verrebbe inevitabilmente posta in discussione l’esistenza di Dio, ovvero sia il suo ruolo di artefice sia in quanto entità non corporea. Tale diversificazione delle idee è poi in modo imprescindibile legata al principio di movimento che presiede alla diversificazione della materia e alla conseguente molteplicità delle sensazioni. Il principio di movimento è un'altra caratteristica necessaria e insita alla diversificazione della materia formulato da Eraclito, e dire che esso si riferisce al tempo è una semplificazione considerato anche il suo legame ad una forza sia attiva che passiva. Tale principio di movimento poi nelle concettualizzazioni di Aristotele legate alla qualifica di motore immobile di Dio, promanerebbe da Dio stesso, da cui una caratteristica della passività che non è astrusa considerato il movimento del pendolo. Con ciò Aristotele si pone in netto contrasto con Platone che presumibilmente vorrebbe tale movimento derivante dalla diade indefinita, ragionando però lo stesso in modo fisico, ovvero in modo di unificare nella sua concezione dell’uno il grande e il piccolo , l’uno e i molti, tesi ed antitesi, ossia dialettica, e dunque in un ottica di intreccio reciproco da cui usando successive affermazioni di Sartre attraverso un opera di riflesso reciproco si origina la pluralità del dato materiale a livello ideale e associativo fermo restando la dinamica del condizionamento. La attribuzione alla diade del potere generatore di movimento esalta visioni meccanicistiche, numeriche, nelle ricostruzioni della filosofia della natura o fisica. Tale discorso riceve il suo fondamento dall’importanza che Platone attribuiva alla idea nella determinazione del sostrato materiale ,ad opera di un demiurgo, il cui significato del termine non è chiaro, e residua il fatto che tale duplicità, ovvero quello coscienza-autocoscienza, trova riscontro nella genesi della idea formulata da Hegel che si concretizza nei capitoli dedicati alla coscienza infelice o scissa, ovvero la impossibilità di una assenza di una situazione di scissione, ovvero di molteplicità, solo che tale scissione è strutturale, e Lacan la sostanzia nel dialogo degli Io immaginari. Si possono analizzare anche al riguardo la eventuale possibilità di coincidenza del principio di movimento alla volontà, e con ciò si deve giungere alla forza, volontà teorizzata da Schopenhauer facendo attenzione alle connotazioni ateistiche o blasfeme che tale connessione reca seco facilmente superabili nell’ottica di un’ auto- funzionamento dell’organismo che continua ad essere governato da colui che genera il movimento attraverso la tesi della non volontarietà di determinati movimenti, ovvero che esulano dalla volontà soggettiva. Seppure tale volontarietà- involontarietà sia stata ricondotta nei canoni ateistici attraverso la formulazione del concetto di autoconservazione di Darwin susseguentemente accettato anche da Freud nella definizione dell’inconscio (si ricordi la libido e la fase anale) anche la formulazione del concetto di autoconservazione rientra comunque nella conservazione del movimento . Da ulteriore angolazione prospettica la

       distinzione deriva dalla ragione che elabora le sensazioni e attraverso tale opera del ragionare le distingue attraverso un opera di schematismo razionale che accomuna le analogie dell’esperienza con la preghiera però di non lasciarsi più ingannare dalle degenerazioni narciso-idealistiche che tali analisi determinano. Ora la forma che presiede a tale schematismo razionale è costituita dal binomio piacere-dolore,

      primordiale, conservativo, ma non solo e da cui si determinano ,attraverso la caratteristica dell’attività razionale di sviluppare analogie, le correlative elaborazioni razionali che si ricollegano schematicamente a tali due sensazioni. Da tale capacità della ragione di determinare analogie nella percezione del sostrato materiale, ovvero analogie delle sensazioni spiacevoli e piacevoli , eros e conservazione, dolore-trauma e piacere- eros , si coglie poi quel particolare modo di essere dell’errore che deriva dalla falsificazione della ragione ossia in un suo fallire in tale attività di schematismo nel procedimento analogico che dalla ragione appunto origina, o meglio kantianamente la analogia segna il trapasso dall’intelletto alla ragione. Altro è l’errore derivante dalla attività conseguenziale della ragione che va messo in relazione alla ragione del trascendere, che è un non essere nell’essere, ovvero una negazione dell’essere teologicamente e ciò in senso idealistico. Si sottolinea che lo sviluppo delle analogie da parte della ragione è attinente e coglie non solo la netta separazione dello stato piacevole e dello stato doloroso ma anche una commistione di