Giuliano Bernini

Scritti scelti


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loro no? e allora lui trovato un bosto di dormire AE4: che hanno lasciato di studiare

      Anche i dati di AP mostrano qualche sovraestensionc di di, cfr.

      I primi esempi di a si ritrovano in AE2:

      Cfr. anche AE4:

      In quest’ultimo esempio AE4 si autocorregge per inserire prima dell’infinito una a che non corrisponde alla norma dell’italiano. Casi analoghi di sovraestensioni di a si riscontrano anche in AP, come p. es.

      1.4 Conclusioni

      Sulla base della rassegna analitica delle principali caratteristiche dell’uso delle preposizioni nelle interlingue dei nostri apprendenti, possiamo ora tentare di delineare, almeno sommariamente, le linee generali dello sviluppo delle preposizioni.

      Per quanto riguarda il versante sintattico, possiamo individuare tre grosse fasi: una prima fase con assenza di preposizioni conforme alle regole generali di strutturazione pragmatica degli enunciati, una seconda fase con preposizioni che reggono sintagmi nominali e una terza fase in cui le preposizioni reggono anche sintagmi verbali. È vero che per e di reggono SV oltre che SN fin da fasi precoci, ma l’apprendimento dell’uso di preposizioni con SV secondo la norma della lingua di arrivo sembra essere comunque molto più tardo. Possiamo raffigurare le tre fasi nello schema seguente:

      Sul versante semantico, invece, sembra esserci un passaggio graduale da un uso monosemico delle singole preposizioni a un ampliamento delle funzioni di queste fino al raggiungimento dello stadio di polisemia che caratterizza l’italiano. In questa prospettiva va valutato l’apprendimento precoce delle preposizioni (e delle locuzioni prepositive) con caratteristiche più “lessicali” (p. es. fa, vicino, verso, fino (a), etc.). La linea di sviluppo generale, per la semantica, è dunque:

      Le prime preposizioni ad essere usate con una certa sicurezza e generalizzate molto presto su base analogica per esprimere diverse funzioni sono: con (comitativo-strumentale), per (fine-meta/benefattivo), di (specificazione generica)1. In particolare, per può essere usato al posto di a dativo e di da direttivo coi nomi di persona, mentre di segnala in generale la dipendenza da nominali.

      In una seconda fase possiamo collocare l’apprendimento di in e a in espressioni locative (e direttive) oltre che temporali. In particolare, per quanto riguarda l’alternanza tra in e a, abbiamo una prevalenza di a su in e il protrarsi dei casi di oscillazione lungo tutto l’arco del processo di apprendimento. Si deve anche ricordare che, con le espressioni di luogo e in parte anche con quelle di tempo, la fase di assenza di preposizione si protrae piuttosto a lungo.

      Per quanto concerne nello specifico lo sviluppo delle funzioni di a, abbiamo la precedenza di quella locativo-direttiva su quella temporale. La funzione temporale appare prima con indicazioni orarie (p. es. alle tre) e più tardi con le altre (p. es. a mezzanotte). È probabile che anche la funzione dativa di a si sviluppi successivamente a quella locativa e che, almeno per certi apprendenti, il dativo venga dapprima equiparato al fine/meta (per).

      L’ultimo gruppo di preposizioni ad essere appreso comprende anzitutto da, forse dapprima in espressioni temporali, in un secondo momento in espressioni di provenienza e da ultimo coi nomi di persona per indicare stato/moto. Sempre a questo gruppo possiamo assegnare su e tra/fra, del cui sviluppo abbiamo però solo tracce lievi (per lo più in sintagmi fissi, cfr. § 1.3.1). Schematicamente, possiamo riassumere queste osservazioni come segue:

      L’apprendimento delle preposizioni nell’acquisizione spontanea dell’italiano come lingua seconda appare regolato da principi generali di ordine funzionale, forse riconducibili, in ultima analisi, a principi cognitivi. Ne sono prova la comparsa precoce di con in senso comitativo-strumentale e di per in funzione finale e anche l’assenza persistente di preposizioni nell’unico caso in cui sono ridondanti, cioè in espressioni direttive e locative.

      A conferma di ciò si può osservare la sostanziale uniformità di queste linee di sviluppo tra parlanti con lingue prime diverse, pur con qualche differenza (discussa sopra) forse da mettere in relazione con processi di interferenza derivanti dalla pertinentizzazione di categorie diverse nella prima e nella seconda lingua (si ricordi il caso di da in TE, discusso al § 1.3.9). Le interferenze dovute all’identificazione interlinguistica di elementi di superficie sono invece minime (cfr. TE: diverso come che replica ted. anders wie).

      Una seconda conferma del carattere autonomo dello sviluppo delle preposizioni nell’italiano lingua seconda è dato dal confronto con la frequenza d’uso delle stesse preposizioni nella lingua di arrivo. Se è lecito proiettare sul parlato i calcoli della frequenza elaborati da Bortolini et al. (1971) per lo scritto, abbiamo in italiano l’ordinamento seguente (tra parentesi il numero di rango del Lessico Italiano di Frequenza):

      È facile osservare come la frequenza e l’ordine di acquisizione coincidano per di, che è un po’ una preposizione tuttofare, ma non per le altre preposizioni. Particolarmente degne di nota sono le differenze tra le frequenze relativamente “basse” (tra le preposizioni) di con e per e la loro comparsa nei primi stadi di apprendimento e, viceversa, la frequenza relativamente “alta” di da e la sua apparizione tarda. Su e tra/fra, non essendo suscettibili di comparire in contesti altrettanto frequenti delle altre preposizioni, hanno bassa frequenza e apprendimento ritardato. Anche in questo caso, però, appare notevole la posizione di su rispetto a quella di tra/fra, più distanziate verso il basso, in confronto a quella di per, che pur mostrando verso su uno scarto non troppo grosso è, come abbiamo più volte detto, fra le prime preposizioni ad essere apprese e ad essere usate correntemente sia con SN che con SV.

      2 Questioni di fonologia nell’italiano lingua seconda1

      1 È noto che, nell’acquisizione spontanea di lingue seconde soprattutto da parte di adulti, la componente fonologica risulta essere più caratterizzata da fenomeni di interferenza che non quella morfosintattica, il cui sviluppo è meno dipendente dalla struttura delle lingue prime degli apprendenti. Questo fatto è rispecchiato anzitutto nella possibilità di individuare gruppi diversi di apprendenti una lingua seconda sulla base delle caratteristiche fonologiche delle rispettive varietà di apprendimento ma non sulla base di quelle morfosintattiche, come mostra, oltre all’osservazione impressionistica, un recente esperimento (Ioup 1984).Anche se per la morfosintassi non si può escludere totalmente la rilevanza di fenomeni di interferenza, questi hanno però un peso più o meno grande a seconda di altri fattori (p. es. la relativa vicinanza tipologica tra le lingue coinvolte) e sembrano agire per lo più a un livello profondo, favorendo certe ipotesi piuttosto che altre nella (ri)costruzione della lingua di arrivo da parte dell’apprendente2. Al contrario,