Giuliano Bernini

Scritti scelti


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una gamma di realizzazioni che vanno dalle fricative omorganiche (con conseguente ipodifferenziazione rispetto a /s/), a rese semiaffricate e a rese corrette. Cfr. per la sorda: [nasjoˈnalɪ, staˈsːjone, βɪˈnɪsja, (e)ʒɪˈsjanɪ, niˈsjato, neˈgosjo, ters-ˈan·o, ˈsforso, ˈstansa, raˈgas·o, (a)nˈdresːo, ˈbjasa, forˈtesːa; natsjoˈnalɪ, lɪˈtŋentsja, ɲoˈrantsa, ᶇjoˈrantsa, per ˈfortsa, raˈgatsːo, ˈbjatsa, baˈlatsːo; natsjoˈnalɪ, edʒiˈtsjano, ˈtertso, ˈsentsa, raˈgatːso, b̤ɪtːseˈrɪa, bulɪˈtːsia, indiˈritːso]. Per la sonora cfr.: [zuˈrigo, dɪ ˈzukːɘro, e ˈzio; organiˈdzːati, ˈmedzːo; organiˈdːzata, medzaˈnotːe, magaˈdːzini]. In un solo caso (presso G) abbiamo per [ts] una resa alveopalatale, in [staˈʃone], mentre più frequenti sono gli scambi di sonorità, cfr. [ˈsenza, ˈsendza, abːaˈstandza; ˈdu-e ˈmetːso].La stessa gamma di realizzazioni vista per le affricate dentali si ritrova anche per quelle alveopalatali, per le quali, in caso di geminazione, la deaffricazione si accompagna sempre allo scempiamento. Cfr. per la sorda: [elet·riˈʃɪsta, seˈʃɪlja, beʃjaˈlɪsta, dɪˈfːɪʃɪle, ber dɪʃɪ, ˈfaʃɪle, koˈm·erʃjo, soˈʃabili, koˈmɪnʃɘ, ˈsedɪʃ-ˈan·ɪ, ᴜ ˈʃɪta, staˈʃone ʃenˈtrale, ˈʃentro, ɔ ʃɪrˈkato; dɪˈtʃjamo, ˈtante ˈtʃɪta, berˈke tʃ-ˈɛ ˈgrana, kaˈb̤ɪrtʃɪ, komːertʃaˈlɪsta, franˈtʃeze; n kuˈtʃina, diˈtʃamo, ˈfat(ː)ʃo, tʃ-ˈanːo, b̤rɪntʃɪˈb̤ale, ˈtʃento per ˈtʃento, ɘl ˈtʃɪn̦ema]. Per la sonora, cfr.: [ˈtuti ˈʒoβani, la ˈstrada ˈʒusta, lj artɪˈʒanɪ, glotːoloˈʒɪa, al ʒorno, alʒeˈrɪa, n-ʒeneˈralɪ, ber ˈʒente, ˈkwindiʃ ˈʒorni, ˈleʒere, maˈʒore; dʒerˈmanja, la ˈstrada ˈdʒustɪ, edʒiˈt-sjano, glotːoloˈdʒɪa, aldʒeˈrɪa, n-ˈdʒiro, de lːedʒe, maˈdʒor; dʒjorˈdanja, dʒjoˈβanːɪ, beˈerudʒa, ɪ dʒeniˈtori, dɪ ˈdʒorno, manˈdʒ(j)arɪ, aldʒeˈrɪa, ˈledʒere, ˈvjadːʒo, ˈledːʒe, adːʒusˈtarlo, ˈredːʒo eˈmilja].Come si può facilmente osservare, le affricate vengono spesso sostituite dalle corrispondenti fricative, presenti nei sistemi di partenza e probabilmente sentite come i suoni a quelli più simili. Lo stesso vale anche per l’affricata alveopalatale sonora, la cui corrispondente fricativa, come già abbiamo visto, è presente solo nell’arabo palestinese. La frequente resa fricativa indipendentemente dalla varietà di partenza e la marginalità di altre rese (esemplificate da [leˈsjamo, ˈledjere]) sono probabilmente riconducibili al fatto che quella è nota e sentita come fono caratteristico di certe varietà regionali (appunto siro-palestinese e libanese) ed entra quindi nel gioco delle interferenze.La forte variabilità che caratterizza i singoli apprendenti (tranne AF, F, O, le cui interlingue mostrano una fonologia molto vicina a quella di arrivo) attesta chiaramente i processi di apprendimento in corso ed è riprova dell’opportunità di integrare l’approccio contrastivo con quello evolutivo. Indizio di processi di apprendimento ormai conclusi o in corso sono anche diversi esempi di fossilizzazione e di sovraestensione che compaiono qua e là. Tra i primi è notevole il sintagma [n-ˈsak:o ˈbel:o] per ‘un sacco a pelo’, prodotto da O che distingue le due occlusive bilabiali. Il sintagma è evidentemente il risultato di una reinterpretazione lessicale sulla base di una pronuncia ipodifferenziata delle labiali.Probabilmente sono da assegnare a questa categoria anche i lessemi [βɪˈnɪsja, staˈs(ː)jone ʃenˈtrale, (a)nd(ɘ)ˈrɪsːo, (e)ˈʒɪt(ː)o, (e)ʒɪˈsjano, (e)ʒɪˈtsjano], che ritornano soprattutto negli apprendenti con stadi di apprendimento meno avanzati e non mostrano mai variabilità. Questi lessemi sembrano mantenere la fonetica precoce del primo periodo di apprendimento (si noti che si tratta di parole in qualche modo legate alle prime esperienze comunicative in lingua seconda: il porto di arrivo, il luogo di ritrovo, il paese di origine).Tra gli esempi di sovraestensione abbiamo diversi casi di sostituzione e in particolare: (a) rese mormorate di /b/ come in [b̤uˈsːjamo, ˈb̤won ˈdʒorno]; (b) rese affricate di fricative, come in [ˈnsomːa tɪ ˈfanːo na ˈtʃena ˛dela maˈdonːa (per ‘una scena’), liˈtʃeo tʃenˈtifiko, nel tʃentifiko, tsents-ˈaltro, ˈtsi, ˈntsomːa]; (c) rese geminate di affricate scempie, come in [raˈdɪtːʃɪ, oroˈlodːʒo, eseˈdːʒezi].Tutti questi casi sono sintomo di adattamento al sistema fonologico di arrivo tramite diffusione lessicale, che, per le affricate alveopalatali, prende probabilmente le mosse dalle parole in cui esse compaiono come geminate. Per quanto riguarda, più in generale, la rilevanza che hanno i fenomeni di interferenza nell’apprendimento lessicale, il corpus contiene il caso interessante dell’apprendimento della parola città da parte di A, un apprendente con un’alta percentuale di occorrenze di affricata alveopalatale sorda. Il caso è illustrato dai seguenti frammenti di conversazione (dove I sta per ‘intervistatore’):

      Si può osservare come l’affricata, nella parola in questione, venga realizzata come tale solo in una risposta-eco e venga altrimenti sostituita dalla corrispondente fricativa o resa come semi-affricata.

      1 Facendo astrazione dalle singole realizzazioni variabili e tenendo conto della media di percentuali di rese corrette da parte dei nostri soggetti otteniamo, per i fonemi e i foni in esame, una sequenza di apprendimento che vede ai primi posti /v/ e /tʃ/ (con più del 90% di rese corrette) seguiti da [ts] (con circa i 3/4 di rese corrette), da [dz] e da /dʒ/ (2/3 circa di rese corrette) e infine da /p/ (meno del 50% di rese sorde). L’unica riserva che occorre avanzare riguardo a questa sequenza concerne l’affricata dentale sonora, per la quale abbiamo poche occorrenze11.La sequenza di apprendimento così delineata è molto istruttiva per quanto concerne la stima dei fenomeni di interferenza nel processo di apprendimento della fonologia. Infatti essa ci mostra chiaramente come questi non abbiano tutti lo stesso peso e non concorrano a determinare l’iter di apprendimento nella stessa maniera. Inoltre la relativa difficoltà di acquisizione dei foni in esame sembra porsi in un’interessante correlazione con stime di marcatezza fonologica operate in base a confronti interlinguistici.In particolare, l’approssimante labiovelare [w] e, alternativamente, la fricativa labiodentale sonora [v] sono le due possibili realizzazioni del termine non marcato rispetto a /f/, che li presuppone (cfr. Gamkrelidze 1978). La facilità di realizzazione e acquisizione di /v/ può dunque essere vista come correlato di un semplice spostamento di articolazione all’interno della gamma di realizzazioni del termine non marcato, che, come abbiamo visto, comporta solo sporadiche rese assordite e non viene mai reso con l’occlusiva bilabiale sonora, come invece accade nei processi di acquisizione di lingue prime [cfr. Locke 1983: 145]12.All’altro estremo, la persistenza dell’ipodifferenziazione di /p – b/ è coerente con una gerarchia di marcatezza delle occlusive che pare correlata con le condizioni che ne favoriscono l’articolazione sorda e sonora e che si configura come segue per le sorde da una parte e per le sonore dall’altra: t > k > p, d > b > g (Gamkrelidze 1978; Ferguson 1984). Tale gerarchia sembra essere un universale fonologico particolarmente forte, visto il ritardo nell’acquisizione del termine più marcato tra le occlusive sorde e che non compare nel sistema primario dei nostri apprendenti.Tra questi due estremi, la sequenza delle affricate (cioè tʃ > ts > dz, dʒ) ripropone nuovamente la scala di marcatezza che si riscontra tra i sistemi fonologici delle lingue del mondo e che è imperniata sulla combinazione di sonorità e di luogo di articolazione: le sorde sono in generale meno marcate delle sonore, ma per le affricate il luogo di articolazione (alveo)palatale è meno marcato di quello dentale/alveolare, mentre per le fricative vale l’inverso (Lass 1984: 154). In quest’ambito è soprattutto interessante il caso dell’alveopalatale sonora, che mostra rese imperfette anche presso F e G, i due apprendenti nei cui sistemi primari essa è presente. Le loro rese, disaggregate, sono in effetti migliori per l’affricata in questione che non per quelle dentali, ma non si può certo parlare di transfert positivo che favorisce nettamente realizzazioni corrette. Tutto questo induce a pensare che in certi casi prendano il sopravvento fattori di marcatezza e che di conseguenza l’apprendimento si configuri di più in termini meramente evolutivi, indipendentemente dalle lingue di partenza, come ipotizzano anche Mulford e Hecht (1980), per i quali i fenomeni di interferenza sono più caratteristici delle vocali, mentre rese di tipo evolutivo contraddistinguono affricate e fricative. Tra questi due estremi si pongono le liquide (con un comportamento più vicino a quello delle vocali) e le occlusive (più simili, nel comportamento,