è data dal fatto che nell’acquisizione della prima riconosciamo regolarità di ordine generale che accomunano processi di apprendimento di lingue seconde e di lingue prime [si rammenti il caso ormai emblematico dell’acquisizione di negazioni postverbali, per cui v. Dulay-Burt-Krashen 1982: 123-126]. Per la seconda, invece, ci troviamo di fronte a processi di apprendimento piuttosto diversi a seconda che si tratti di lingue prime [per le quali valgono regolarità di ordine generale di tipo jakobsoniano, cfr. Jakobson 1942; Locke 1983] o di lingue seconde, per le quali si deve invece tener conto di un complesso intreccio di fenomeni di interferenza e di sviluppo3. A questo proposito è emblematico il caso dell’apprendimento di nessi consonantici iniziali di parola dell’inglese da parte di bambini di lingua prima e, p. es., di arabofoni adulti. La parola floor ‘pavimento, piano’ è resa dai primi come [for], con la riduzione del nesso in questione. I secondi, invece, risolvono la difficoltà del nesso iniziale riproducendo mediante epentesi o prostesi la struttura sillabica iniziale di parola prevalente nella rispettiva varietà di arabo e pronunciando [fiˈlor] o [ifˈlor] a seconda che quella sia egiziana o irachena (cfr. Broselaw 1983)4.Nonostante la centralità dei fenomeni di interferenza, il modello dell’analisi contrastiva di derivazione weinreichiana (cfr. Weinreich 1974: 21-31) non è però sufficiente come modello di analisi dell’apprendimento della fonologia di lingue seconde. Infatti esso permette solo di fare previsioni corrette circa gli ambiti di probabile interferenza, ma non di descrivere i processi di apprendimento tramite successivi stadi di avvicinamento al sistema fonologico della lingua seconda, caratterizzati da rese sempre più approssimate di fonemi e nessi di fonemi e dallo stemperarsi delle rese di transfert, dove sembra configurarsi una certa regolarità.In questa prospettiva vediamo di prendere in esame la componente fonologica, e in particolar modo il consonantismo, delle varietà di apprendimento dell’italiano di un gruppo di arabofoni. Si tratta di 10 soggetti (7 egiziani, 2 palestinesi, 1 libico) di età compresa tra i 20 e i 40 anni, in Italia per periodi variabili da 3 a 15 anni. Quattro soggetti svolgono lavori manuali, tre lavorano nel settore commerciale, due sono studenti, uno è giornalista5.
2 La prima considerazione da fare, scontata e al limite della banalità se intesa come (ri)affermazione di un principio metodologico, ma cruciale sul piano applicativo, riguarda le dimensioni del confronto tra i sistemi fonologici in questione. Questo, oltre che riguardare, ovviamente, le varietà primaria e di arrivo effettivamente coinvolte (nel nostro caso l’arabo egiziano con le sue sottovarietà, quello palestinese e quello libico da una parte e l’italiano settentrionale milanese dall’altra), deve comprendere tutto lo spettro delle possibilità di rese allofoniche, anche quelle soggette a variabilità sociale e funzionale.Nel nostro caso, l’attenzione ai fenomeni di variabilità della lingua di arrivo ci permette di valutare in maniera diversa gli errori da interferenza nel quadro generale dei processi di sviluppo del sistema fonologico. P. es., la resa delle palatali come nessi di nasale e rispettivamente laterale alveolare o prepalatale più approssimante palatale, [nj lj] o [ᶇj ᶅj], da parte degli apprendenti si sovrappone alle realizzazioni più frequenti da parte dei nativi, che dal canto loro tendono a realizzare gli allofoni palatali più che altro in registri sorvegliati6. In questo caso la resa di transfert non è interessante, in quanto non si distingue (almeno impressionisticamente) da quella più diffusa tra i nativi, né è più pertinente porsi il problema dei corrispondenti fonemi palatali nelle diverse interlingue. Diverso, come vedremo, è il caso delle affricate alveopalatali, che nelle varietà di italiano in questione hanno una resa allofonica costante e quindi si prestano alla verifica di fenomeni di interferenza e di eventuali regolarità di apprendimento.In generale si può quindi affermare che descrizioni accurate della fonetica delle varietà di lingua prima e oggetto di apprendimento sono un prerequisito indispensabile, sul piano pratico, a un corretto approccio contrastivo, che permette di scalare i fenomeni di transfert in maniera da poter essere integrati in un quadro più generale dell’effettivo processo di apprendimento della fonologia.
3 Vediamo ora di confrontare i sistemi consonantici delle varietà di arabo dei nostri soggetti e quello dell’italiano nella sua varietà lombardo-milanese, riportati qui sotto7:
arabo egiziano/palestinese/libico
italiano settentrionale milanese
Si tenga presente che () indica variabilità e che / separa gli allofoni di uno stesso fonema. Nel sistema dell’arabo il punteggiato indica l’affricata alveopalatale sonora (presente nelle varietà del Medio Egitto, quella di G, e di Libia, quella di F) e la fricativa omorganica (presente nella varietà palestinese, quella di AF e di O).
I settori di maggior difficoltà di apprendimento, come risultano dall’analisi contrastiva, sono l’occlusiva bilabiale sorda, la fricativa labiodentale sonora, le affricate dentali, l’affricata-alveopalatale sorda, che non hanno corrispondenti nelle varietà di partenza. Per quanto riguarda invece l’affricata alveopalatale sonora, essa non è presente nel sistema primario di sei soggetti egiziani provenienti dalle zone del Cairo e del delta del Nilo (cioè A, AZ, H, S, SZ). L’arabo di tipo cairota [Il Cairo e sobborghi, corso del Nilo fino a Damietta, Fayyūm, cfr. Fischer-Jastrow 1980: 208] presenta infatti, nel settore alveopalatale-velare, i seguenti fonemi:
Le varietà rurali di arabo palestinese hanno invece l’affricata alveopalatale sonora, mentre quelle urbane hanno l’omologo fricativo. In entrambe manca l’occlusiva velare sonora [cfr. Fischer-Jastrow 1980: 174]:
I nostri soggetti AF e O hanno come sistema di partenza quello urbano, che tra l’altro rappresenta per tutta la regione (oltre che per Libano e Siria) il modello di prestigio. L’italiano /g/ non sembra soggetto a problemi di acquisizione, nonostante manchi nella lingua prima8.
I rimanenti due soggetti G e F hanno invece nel sistema di partenza l’affricata alveopalatale sonora in questione. Sia l’arabo della media Valle del Nilo che quello di Libia [cfr. Fischer-Jastrow 1980: 209, 36 rispettivamente] hanno le seguenti consonanti alveopalatali e velari:
La [dʒ] è d’altronde presente nella varietà letteraria dell’arabo, quella che si usa anche nella lettura del Corano [cfr. Fischer 1972: 18 e Canepari 1983: 1114] e dobbiamo quindi ipotizzare che per tutti i nostri apprendenti (che hanno un’istruzione media o superiore) essa sia un fono noto, anche se di occorrenza limitata. Ciononostante, i nostri dati rivelano che l’affricata in questione rappresenta comunque un problema di apprendimento.
1 Per tutti i sei fonemi o allofoni in esame, abbiamo presso gli stessi apprendenti realizzazioni variabili che comprendono rese derivanti da interferenza, rese coincidenti con quelle dei nativi e rese intermedie tra le prime due, testimoni appunto del processo di apprendimento in corso. In particolare, per quanto riguarda le singole realizzazioni, abbiamo la seguente situazione9.Per /p/ abbiamo rese da interferenza che consistono nella sua sostituzione col suo omologo sonoro (e conseguente ipodifferenziazione), cfr. [bajˈzano, no kaˈbito, ˈbjatsa reˈbobːlɪqa, laβaˈbjat˙ɪ, broˈblema, ɪm ˈbarte, mbaˈrato, karbenˈd̤jere, zboˈzarsɪ, la ˈzbeza, mɪ dɪzˈbjatʃe, rɪzˈbetːɪ]. Le rese intermedie sono costituite da occlusive bilabiali più o meno assordite che qui indichiamo come mormorate10, cfr. [b̤ɪtːseˈrɪa, ˈdob̤o, ˈanːo b̤enˈsano (per ‘hanno pensato’), b̤er eˈzemb̤jo, b̤ərˈsone, b̤rofeˈsorɪ, mb̤aˈrato, sb̤etʃalɪˈdːzatɪ, sb̤jeˈgato]. Solo i due soggetti palestinesi AF e O differenziano le due bilabiali come i nativi, benché la sorda compaia qua e là anche presso altri apprendenti (specialmente H, M). Qualche esempio: [peˈrudʒa, lavaˈpjati, ˈproprɘ, espesjaliˈdːzatɪ, paˈezi ˈarabi, aˈbːjamo paˈsːato]./v/ è reso in certi casi come approssimante bilabiale sonoro [β], che ne rappresenta una buona approssimazione, cfr. [βɪˈnɪsja (‘Venezia’), l-aβoˈkato, uniβersɪˈta, mɪ ˈβwole mbaˈrare (per ‘voglio imparare’),