del desiderio di riassaporare l’oggetto, e la incapacità del bambino di controllare il rantolo, la incapacità ad esplorare, che è anche una ossessione considerata la possibilità della trama possono derivare da tale rapporto con la oggettualità. Il tipo introvertito è invece indipendente ma solo, il tipo estrovertito è dipendente e solo ma in quanto la solitudine deriva dalla soggettività e da quella scissione io-spazio ideale esterno che radica e rende innata la distinzione e la differenziazione desiderativa, ovvero quello spazio che l’estrovertito desidera e che l’introverso trascende, fino al concetto della collocazione del ritiro traumatico e del suicidio in esso , nel ritiro cui fa da contrappeso la attrazione del reale, la resistenza particolare dell’introverso e non dell’estroverso, giovandosi maggiormente nell’introverso una ricostruzione identitaria nel senso lacaniano e dunque anche desiderativo, la parte rifiuta parte del desiderio di sé quale godimento, che dovrebbe essere analizzata . La dipendenza dell’introvertito, comunque, al pari del saggio e non del folle deriva dalla necessità della assunzione di cibo, ovvero dalla adorazione del Totem, dal Sacro, dalla contemplazione, di una Madre che bisogna contemplare con il contrappeso dell’opposto a livello caratteriale, ovvero l’incesto, feno- ambientazione, e ciò nella considerazione del ruolo della follia a livello biblico, diametralmente opposto alla costruzione orientale della follia, come stadio, quella abbracciata da Nietzsche, e forse anche dai maledetti. In questa radicale distinzione –opposizione della soggettività si radica il male, ovvero due differenti modi di intendere il reale che danno luogo ad un conflitto sia soggettivo che sociale. In mezzo vi è la situazione che connota la soggettività sana , e sottolineo sana la cui sanità è data dalla constatazione che siamo in relazione o contatto con la apparente passività della materia, e con l’apparente movimento del soggetto , principi di unità nel soggetto, ed in quanto come avevano individuato gli scettici il movimento e la stasi sono difficilmente percepibili , ovvero sono il gioco della follia nel tempo e nella assenza di tempo, ma anche del sano, ovvero ancora movimento e stasi non enucleabili necessitandosi una situazione dualistica di riferimento, in realtà per quanto affermo nel finale neppure quella, ed in cui comunque la pluralità dei punti eventuali di riferimento, la disintegrazione , sembra occultare la capacità o lo stato di movimento, o di stasi del soggetto-oggetto, tranne, riprendendo, che a livello della dualità della idea che permane e della idea che muta di Bergson, e della dualità del concetto di evoluzione del prima e del dopo, i quali potrebbero essere anche illusioni in caso di una aprioristica determinazione e determinismo, ovvero l’essere oggetto di un oggetto statico che muove solo le lancette, scetticismo e contestazione ma anche sanità soggettiva e non collettiva,in una assenza di temporalità che non è ricerca blasfema di tale assenza, e ciò mentre mi interrogo, in conclusione, sui paradigmi della tartaruga ed Achille, ovvero sulla possibile illusione del prima e del poi e sulla soggettività kantiana del movimento, ossia del tempo e tale vuole essere solo una analisi critica che si muove tra la fisica e i caratteri temporali o meglio a-temporali della follia, oltre ed unitamente al fatto che si potrebbe dare del folle ad un altro essendo se stessi folli senza saperlo. La stasi e il movimento sono occultati dalla molteplicità dei punti di riferimento, ma eventualmente la assenza di percezione della stasi e del movimento derivano dalla deficienza della nostra percezione, in ogni caso annullata dalla stasi stessa, il racchiudimento in se stessi, senza luogo tranne il prima e il dopo, e sempre che si debba precisare che il dopo deve essere una schiusura, ovvero ancora derivano dall’essere della percezione stessa kantianamente, e pensate con ciò al discorso su un tempo soggettivo e su un tempo assoluto, dove collochiamo il tempo soggettivamente, ovvero ciò dà valore fondante al realismo delle affermazioni kantiane sulla esistenza della cosa in sé la cui caratteristica è la impenetrabilità, e con ciò senza riferirmi al tempo. La sostanza di un corpo non è impenetrabile , da una angolazione , ma la sua impenetrabilità deriva dalla incapacità di percepire l’interno dell’oggetto, e forse anche l’esterno, da tale punto di vista. In ciò come detto gioca un ruolo centrale il movimento, il tempo, ma la stessa comunque
deriva dalla opposizione io- spazio esterno ed addirittura come spazio interno-esterno. Trattasi di una distinzione non solo materialistica ma idealistica come dimostra l’inconscio, ovvero tutta la parte da scartare da sé e da non volere. Ciò nonostante vi sono qualità occulte che paralizzano la penetrabilità esaustiva delle caratteristiche essenziali, e dunque connotanti l’essenza o essere dei corpi in questione. Degli oggetti penetriamo aspetti evidenti che derivano e sono in relazione in primo luogo con la intensità della sensazione, che struttura la elettricità dei corpi. La possibilità di una attività razionale pura, che dal mio punto di vista determina e struttura la distinzione tra elaborazione ed elaborazione nel suo più alto grado, in un mondo in cui regna distinzione e materia non è con ciò esclusa e ad essa si riconnettono le tesi sulla spazialità delle idee, e il dato inconfutabile della incorporeità di Dio ,accennato sopra, e ciò è teologico, ossia riguarda la idea di Dio, ma è anche platonico. Ma anche la possibilità di attività razionale pura poggia sulla distinzione ed è data nel movimento coscienza ed autocoscienza che deriva dal potere immedesimativo e appropriativo della coscienza, e della autocoscienza, anche su loro stesse, come dimostra Hegel, ed in virtù della quale tesi l’idea diventa un prolungamento non separato ma in perenne contatto con l’organicità della psiche, l’idea diviene il parto della idea, la maieutica che è anche un dipartire, un allontanarsi, uno svilupparsi, un amarla, un narciso autoerotico. E con ciò si evince che sono per un prima e dopo, per un alfa ed un omega, per un linguaggio, ovvero per la vita, che comunque potrebbe permanere a non essere movimento. La scissione coscienza ed autocoscienza il cui prolungamento e appagamento come desiderio appropriativo è rappresentato dall’Ideale dell’io ,che determina la barra della costituzione del censore morale, un aspetto della barra al desiderio, si innesta proprio sulla base della molteplicità che deriva dalla opposizione coscienza - autocoscienza il cui reciproco rapportarsi hanno contribuito a determinare le tesi hegeliane sulla fusione o logica degli opposti, fusione perché tesi ed antitesi si fondono nella sintesi , si congiungono, procreano nel rispetto della barra del desiderio che si sostanzia nella Legge, che è molto altro ancora nei giochi di significante e significazione, un modo per raggiungere l’appagamento del desiderio nella contingenza materiale, mentre è diretto in senso materialistico (il censore morale) a dirigere la gestione dell’assorbimento del piacere, il controllo, e ciò dimostra la esistenza di una struttura dualistica da cui la molteplicità delle idee in questo caso deriva, ossia le ossessioni di Kierkegaard se elevate a potenza trovano collocazione e spiegano le fobie e i riti degli ossessivi . Il rapporto idea ,coscienza, e sentimento, implicano rapporti convergenti che non contestano la autonomia dei nomi quali espressione dei dati,ovvero meglio dei fenomeni presi in considerazione ,e che strutturano attraverso lo strutturare del binomio piacere-dolore, conformemente all’adattamento che è soggettivo, i fenomeni relativi sia all’operare conscio che inconscio del procedimento di elaborazione razionale. L’inconscio nel raggiungimento del piacere sfrutta anche l’illusione prodotta da una sensazione materialistica nella situazione di induzione in essa della attività cerebrale. L’induzione deve essere presa in considerazione rispetto al configurarsi e all’operare della rimozione. La materia ostacola dunque la affermazione e lo svolgimento di tale attività razionale pura che deve essere rinviata al tempo della vita dopo la morte, e che noi analizziamo senza possibilità di rilevare contraddizione nella tesi della spazialità delle idee che rimandano a concezioni platoniche e socratiche nella modalità di concepire il rapporto dualistico materia e spirito e che nascondono forti propensioni psichiatriche. Si ricordino le affermazioni sul corpo inteso come una prigione dell’anima che ritornano nella elaborazione del mito delle caverne e della morte del cigno platonici. Da altro punto di vista sembra che la dualità contraddistingua e connoti la esistenza nel senso che la coscienza pone la dualità nel contatto ,e nella relazione. Il rapporto percettivo è sempre duale, e forse addirittura plurimo come insegnano Leibnitz, Russell e Sartre come il meccanismo di induzione nella sensazione materialistica che esclude le altre, ovvero specificando ora questo secondo una meccanica che può dirigere anche il rivolgimento della vista come insegna Sartre con il principio di ricerca di qualcosa e di esclusione del differente dal ricercato mentre la induzione cerebrale ovvero la fissazione nella percezione della materia, od anche quel desiderio racchiuso nella traccia mnesica, eventualmente, escludono il resto, per godimento, per apprendere l’oggetto e tale esclusione svela il potere limitativo della fissazione, anche dell’ossessivo, l’ingorgo, in modo simile a quanto avviene utilmente nell’uso dei sensi, limitando alla materia